Mycorrhize
 
Micorrize...

Dal greco: mykes, fungo e rhiza, radice (Frank, 1885).
E’ la simbiosi mutualistica tra un fungo del suolo e le radici di una pianta: la pianta nutre il fungo fornendo  zuccheri, vitamine; più del 20% del carbonio fissato dalla pianta è utilizzato dal fungo. Il fungo nutre la pianta facilitando l’assorbimento di acqua e nutrienti dal suolo (P, N, K, Ca, Zn, Mn, S, etc); più del 80% del fabbisogno di fosforo della pianta e il 25% di quello di azoto è ottenuto dal fungo.
In natura circa il 90% delle piante stabiliscono una simbiosi micorrizica di cui:
83% Dicotiledoni
79% Monocotiledoni
100% Gimnosperme
Il successo evolutivo di questo tipo di cooperazione si evince dal planisfero sottostante: le micorrize, ericoidi, ecto-, endo-, arbutoidi, vesciculo arbuscolari..., sono diffuse a tutte le latitudini del globo, anche in ambienti particolarmente “inospitali”.

La presenza delle ife fungino fa si che l’apparato radicale della pianta venga notevolmente ampliato e sia favorito l’assorbimento di nutrienti normalmente poco o non assimilabili dalla pianta ma che lo diventano grazie alle sottili ife che si infiltrano  nei micropori del suolo ed alla produzione di enzimi che li rendono biodisponibili. Oltre a macronutrienti come N e P viene facilitato anche l’assorbimento di microelementi come: K, Ca, Mg, Zn, Cu, S, B, Mo, Fe, Mn, Cl.




















                Volume di suolo “esplorato” da una radice di 1,5 cm con e senza micorriza. A sinistra il volume di suolo “esplorato” da una sottile radice, a sinistra la presenza del fungo micorrizico consente alla stessa radice di ampliare di più di cento volte tale volume.

Le giovani piantine si mostrano particolarmente sensibili alla presenza di alcuni metalli nel suolo (Al, Ni, Zn, Cd), che hanno un effetto deprimente sul loro sviluppo; la presenza di micorrize riduce tali effetti tossici, sia nelle giovani piante che in quelle già sviluppate.
La stabilità e biodiversità dell’ecosistema bosco è favorita dalla presenza di micorrize, in quanto sviluppano  reti nutrizionali attraverso le quali piante di diversa età e specie si collegano tra loro.





















Le piante micorrizate manifestano una maggiore tolleranza alle caratteristiche chimiche del terreno che possono limitarne lo sviluppo (pH, scarsità di acqua...), sono maggiormente resistenti a malattie e parassiti: le ife fungine creano barriere fisiche (ectomicorrize), producono sostanze antibiotiche, stimolano la crescita di organismi benefici a livello della rizosfera.
In generale la struttura dei suoli risulta migliore, una glicoproteina (glomina) prodotta da alcuni funghi microscopici (Glomeromiceti) stabilizza e aggrega le particelle di suolo limitando i fenomeni di erosione e la perdita di nutrienti per dilavamento.

Rete micorrizica formata da Suillus bovinus,  P. sylvestris (al centro) e P. contorta (piantine laterali), in un microcosmo di laboratorio.

Utilizzando isotopi radioattivi è stato possibile evidenziare un passaggio di fotosintetizzato dalla pianta maggiormente sviluppata  quelle più piccole.


Le piante ospiti sono generalmente forestali perenni, ad alto fusto, come quercia, faggio, abete, pino, castagno; circa 5000 le specie fungine appartenenti a 25 famiglie di basidiomiceti  (Amanita, Laccaria, Boletus, Russula...) 7 famiglie di ascomiceti (Tuber...) e 1 di Zigomiceti (Endogone).

Il fungo  avvolge gli apici radicali formando una struttura a clava visibile anche ad occhio nudo, il mantello; la crescita della radice è bloccata ed il micelio fungino gradualmente ingloba anche le nuove radici laterali.

Il micelio penetra anche nel cortex, tra le cellule vegetali della radice, mai al loro interno, formando una struttura chiamata reticolo di Hartig, dal nome del suo scopritore.

Piante dei generi Fraxinus, Acer, Ulmus, non formano ectomicorrize; inizialmente si pensava che Boletinellus merulioides, fosse un’eccezione e fosse in grado di formare simbiosi con Fraxinus. In realtà questo fungo instaura un rapporto di simbiosi mutualistica con un afide che vive su radici e foglie di queste piante: Meliarhizophagus fraxinifolii. L'afide riceve ospitalità e protezione negli sclerozi prodotti dal fungo, il fungo si nutre della melata essudata dall'afide.

Come nelle Ectomicorrize sono presenti mantello e reticolo di Hartig, ma il contatto pianta-fungo è più profondo, si suddividono in ARBUTOIDI e MONOTROPOIDI a seconda del genere della pianta ospite (Arbutus, Arctostaphylus o Monotropa e Pyrola), anche pino e larice possono formare questo tipo di micorriza. I funghi sono basidiomiceti o ascomiceti, alcuni dei quali formano anche anche ectomicorrize (Boletus, Laccaria, Russula, Suillus, Rhyzopogon)

Il fungo cresce inter- e intra-cellularmente e forma specifiche strutture fungine all'interno delle cellule corticali, non si differenzia nessuna struttura esterna, la struttura della radice non è modificata, se non per un aumento delle dimensioni, per questo motivo la presenza del fungo è evidenziabille solo dopo opportune colorazioni o analisi genetiche.

Le endomicorrize si distinguono in  ERICOIDI e ORCHIDEOIDI, a seconda della pianta ospite (Erica, Mirtillo, Callauna, Rododendro o Orchidee). Nelle orchideoidi le specie fungine appartengono a 8 specie di basidiomiceti, riferiti al genere Rhizoctonia. In quelle ericoidi sono coinvolte due specie di ascomiceti, Hymenoscyphus ericae e Oiodendron maius  

In natura tutte le orchidee si presentano micorrizate, fin dai primi stadi di sviluppo. In modo particolare in quelle terricole, vi sono due stadi di infezione: l'infezione dell'embrione germinante (infezione primaria) da parte di funghi Rhizoctonia che formano dei pelotoni all'interno delle cellule vegetali.

Attualmente sembra più attendibile pensare che il fungo tragga beneficio dall’orchidea in quanto questa gli permette di vivere in un ambiente protetto: le cellule radicali. La pianta adulta invece trarrebbe giovamento da un facilitato assorbimento di sali minerali.

Hakea petiolaris è una pianta non micorrizzica, la particolare conformazione del suo apparato radicale fa si che non tragga particolare beneficio da una simbiosi fungina

Gardes e Bruns hanno studiato per un periodo di tre anni l'associazione fra Pinus muricata e due funghi S. Pungens e R. amoenolens. Nel caso di Suillus c'è stata una grande produzione di corpi fruttiferi ma solo una piccola porzione degli apici radicali della pianta era colonizzata dal micelio fungino. Al contrario Russula occupava una parte consistente delle radici ma ha prodotto un solo fungo nel periodo oggetto di studio.

La distinzione fra interazioni mutualistiche e parassitarie non risulta sempre netta e varia in base alle condizioni ambientali, al periodo dell'anno. 

 

Un gruppo internazionale di ricercatori dell'Università  di Ghent , coordinati da Yves Van de Peer, è riuscito a caratterizzare il genoma di Laccaria bicolor, costituito da circa 20.000 geni. Lo studio del genoma ha anche rivelato che il fungo non è in grado di demolire la parete cellulare delle cellule radicali, ma che è in grado di svolgere questo compito nei confronti di quella dei patogeni. Una migliore comprensione del rapporto pianta- fungo potrebbe essere di aiuto per ottimizzare la produzione di biomassa vegetale, ovvero la loro resa economica, ma non solo. Come osservano i ricercatori, grazie alla comprensione di come pianta e fungo cooperano e reagiscono a fattori di stress come la siccità  e le temperature estreme, si potranno valutare con maggior precisione le dinamiche dell'interscambio di CO2 fra piante e atmosfera.

“Non sono la competizione, né la sopravvivenza del più forte ad essere stati gli obiettivi principali, ma al contrario, proprio l'accordo, il mutuo appoggio, la cooperazione”.

Laborit Henry

Ife e spore fungine fossilizzate del periodo Ordoviciano (circa 460 milioni di anni fa), somigliano fortemente agli attuali funghi micorrizici-arbuscolari appartenenti ai Glomales e agli Zygomycetes.

Probabilmente la colonizzazione delle terre emerse da parte delle piante fu resa possibile proprio grazie alla simbiosi mutualistica con microfunghi, che favorirono la colonizzazione di terreni poco umificati e con nutrienti scarsamente biodisponibili in quanto legati alla componente  rocciosa del suolo.

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... un’ANTICA E PROFONDA COLLABORAZIONE